Come nasce la Burrata pugliese?
La Burrata nasce ad Andria (BAT) grazie ad un’intuizione del mastro casaro andriese Lorenzo Bianchino. La storia racconta che agli inizi degli anni 30 del secolo scorso, durante una forte nevicata che colpì la Murgia e Andria in particolare, il casaro cercò di ingegnarsi per la conservazione e per il trasporto dei latticini che, a causa del freddo, diventava sempre più difficile. Pensò così di creare una sorta di sacchetto protettivo della stessa pasta della mozzarella, per proteggere quella che aveva sfilacciato, abbinata alla panna vaccina. Nacque così la celebre Burrata di Andria.
Perché si chiama Burrata?
Il nome Burrata le è stato attribuito probabilmente per richiamare il sapore “burroso” del suo cuore gustoso e non, contrariamente a quello che si può subito pensare, al fatto che il suo ripieno sia arricchito di burro durante la sua lavorazione.
Come si fa la vera Burrata pugliese?
La lavorazione della Burrata pugliese si compone di poche semplici fasi tramandate fino a noi da generazioni di mastri casari. Tutto inizia dalla cagliata, un semilavorato ottenuto per coagulazione del latte col caglio e siero innesto. Questa viene immersa nell’acqua calda a 85-90 °C e lavorata fino ad ottenere una massa morbida ed elastica: la pasta filata che, grazie ad un abile lavoro manuale, prende la forma di un “sacchetto”. Lo stesso viene riempito da sfilacci di pasta filata a mano e gustosa panna (la stracciatella) ed infine legato all’apice con steli di rafia.
Che cos’è il siero innesto?
Il siero innesto è la più tradizionale delle tecniche di colture lattiche naturali che abbiamo in Italia abbastanza diffusa e soprattutto l’unica autorizzata da chi fa produzione biologica, in quanto i disciplinari di produzione, predisposti dai relativi Consorzi di Tutela, prevedono specificatamente l’impiego di colture lattiche caratterizzate da “microflore autoctone”, ovvero provenienti dalla zona di produzione.
Le foglie di asfodelo
Tradizionalmente, per conservare e proteggere la Burrata pugliese, si usavano foglie di erbe locali, tipiche della Murgia. Si trattava soprattutto di foglie di asfodelo, usate per avvolgere la Burrata e per trasferire al formaggio un gusto pungente. Oggi, per evocare questa tradizione, il prodotto viene chiuso in sacchetti e poi avvolto da particolari foglie di carta per alimenti che richiamano proprio la forma dell’asfodelo.
Come capire se la Burrata pugliese è davvero fresca?
Essendo un formaggio molto fresco, soprattutto per la presenza della panna, il sapore della Burrata pugliese rimane intatto solo pochi giorni dopo la sua produzione. Questa caratteristica la rende unica e speciale. Quando è davvero fresca, al taglio la stracciatella inonderà il piatto e all’assaggio risulterà fresca e non acida.
Come gustare la Burrata pugliese?
La Burrata pugliese va tolta dal frigorifero almeno un’ora prima di essere consumata per poterne apprezzare al meglio sapore e consistenza.
Come usare la Burrata pugliese in cucina?
Il modo migliore per gustare la Burrata? Mangiarla così com’è! Ma se si vuole accostare a prodotti tipici pugliesi per onorare le sue origini mediterranee, si può condire con un filo d’olio extravergine d’oliva e gustare su crostini di pane o friselle. Tipico l’abbinamento con un’insalata verde o di pomodori, ma si può anche osare e arricchire primi piatti di pasta e risotti, o lasciare che trionfi su un’ottima pizza.
Quale vino abbinare alla Burrata pugliese?
La Burrata pugliese si accompagna a vini bianchi freschi. La sua dolcezza grassa si sposa bene con vini fermi, ma anche frizzantini.
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