World Pizza Day. Grande festa alla corte di francia avrebbe recitato una sigla rimasta nel cuore di tutti i Millennials (che poi sono grandissimi appassionati anche di pizza, stando ai più recenti sondaggi), ma dal momento che non esiste una data di nascita riconosciuta per la pizza, i cui natali si perdono nel XVIII secolo, perché si festeggia proprio in questo giorno di mezzo inverno?
Il fuoco è l’elemento da cui partire. Nata per celebrare il tanto agognato riconoscimento UNESCO, questa giornata cade proprio in un giorno che in tutto il sud significa fuochi propiziatori, buona fortuna e grandi desideri. E soprattutto ringraziamenti a uno dei Santi più “noti” del calendario, almeno da Napoli in giù: Sant’Antonio Abate. “Noi non abbiamo scelto una data in particolare e soprattutto non abbiamo inventato niente quando proponemmo questa data come giornata per festeggiare il riconoscimento Unesco all’Arte dei Pizzaioli Napoletani” sottolinea Antonio Pace, presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana (AVPN) che di quel premio e merito fu promotrice. “Abbiamo semplicemente scelto di tornare indietro nel tempo e ritrovare una tradizione che ai tempi dei miei nonni e anche prima legava tutta la nostra categoria professionale: ovvero l’omaggio a Sant’Antonio, patrono del fuoco e quindi dei forni” nel giorno che il calendario cattolico gli ha dedicato. La religione e il cibo, d’altronde, vanno spesso di pari passo basti pensare al carnevale di fritti in onore di San Giuseppe, oppure ai dolci sontuosi che la Sicilia dedica alle sue Sante. Qui però la storia è diversa e va ancora oltre la semplice ricetta, è più viva, proprio come una festa.
“Si è sempre festeggiata a Napoli e dintorni questa ricorrenza, ma da ciò che ricordo dai racconti di mio nonno – continua Pace – era proprio a Capodimonte, dove oggi abbiamo la sede AVPN, che si svolgeva uno dei momenti più importanti. Il 17 gennaio ogni famiglia di pizzaioli lavorava solo mezzagiornata, la mattina fino a ora di pranzo e poi riunita tutta la famiglia ci si spostava fuori dal centro (Capodimonte è un quartiere collinare della città di Napoli, ndr) e si accendeva il fuoco propiziatorio. Anche la legna aveva un ruolo particolare: era regalata dagli abitanti dei vari quartieri a dei ragazzi che passavano, nei giorni successivi all’Epifania, di casa in casa, ed era composta dai resti degli alberi di Natale o delle capanne dei presepi che venivano messi a riposo. È da quel sentimento” di omaggio e ringraziamento “che siamo voluti ripartire e da qui abbiamo fatto nascere la nuova giornata della pizza”, che poi nuova non è, anzi antichissima.
Con uno sguardo al resto del mondo. “Come ogni festa che si rispetti, vorremmo che unificasse veramente questa famiglia”, quella degli amanti della pizza. Per questo abbiamo in programma (e in realtà il processo è già iniziato, ndr) di proporre l’unificazione di tutte le altre giornate e feste dedicate a questo piatto amatissimo, in un’unica data”. Il 17 gennaio, appunto. “Un fortissimo desiderio da parte della nostra associazione, che penso sarà bene accolto negli altri Paesei”.
Il perché è presto detto: “Negli ultimi decenni di convegni ed eventi in giro per il mondo ho imparato che gli altri popoli, vicini o lontani che siano, anelano a tutte quelle tradizioni veraci e quel sapere profondo che si annida nel cibo. E la nostra festa del 17 gennaio è così vera che di più non potrebbe essere”. Il lavoro di proselitismo gastronomico verrà fatto dai delegati nei vari Paesi della Avpn e a noi non resta che aspettare.
L’idea di un’unica festa mondiale è sicuramente piacevole e fa pensare a venti di pace che mai come in questo momento sentiamo tutti necessari, anche se a tratti può sembrare utopia nel Paese dei campanili, in particolar modo quelli gastronomici.